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LA BOTTEGA DEL CAFFÈ | 249 |
Don Marzio. Andiamo, andiamo, portiamoli a sua moglie. (s’incammina)
Ridolfo. So andarvi senza di lei.
Don Marzio. Voglio farle questa finezza. Andiamo, andiamo. (parte)
Ridolfo. Quando vuole una cosa, non vi è rimedio. Giovani, badate alla bottega. (lo segue)
SCENA V.
Garzoni in bottega, Eugenio dalla biscazza.
Eugenio. Maladetta fortuna! Li ho persi tutti. Per una cioccolata ho perso dieci zecchini. Ma l’azione che mi ha fatto, mi dispiace più della perdita. Tirarmi sotto, vincermi tutti i denari, e poi non volermi credere sulla parola? Ora sì, che son punto; ora sì, che darei dentro a giuocare fino a domani. Dica Ridolfo quel che sa dire; bisogna che mi dia degli altri denari. Giovani, dov’è il padrone?
Garzone. È andato via in questo punto.
Eugenio. Dov’è andato?
Garzone. Non lo so, signore.
Eugenio. Maladetto Ridolfo! Dove diavolo sarà andato? Signor Conte, aspettatemi, che or ora torno. (alla porta della bisca) Voglio veder se trovo questo diavolo di Ridolfo. (in atto di partire)
SCENA VI.
Pandolfo dalla strada, e detto.
Pandolfo. Dove, dove, signor Eugenio, così riscaldato?
Eugenio. Avete veduto Ridolfo?
Pandolfo. Io no.
Eugenio. Avete fatto niente del panno?
Pandolfo. Signor sì, ho fatto.
Eugenio. Via, bravo: che avete fatto?
Pandolfo. Ho ritrovato il compratore del panno; ma con che fatica! L’ho fatto vedere da più di dieci, e tutti lo stimano poco.
Eugenio. Questo compratore quanto vuol dare?