Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/237


LA BOTTEGA DEL CAFFÈ 227

SCENA X.

Il Garzone del barbiere, e detti.

Garzone. Illustrissimo, se vuol farsi far la barba, il padrone l’aspetta. (a don Marzio)

Don Marzio. Vengo.1 E così come io vi dico. Vado a farmi la barba, e come torno, vi dirò il resto. (entra dal barbiere, e poi a tempo ritorna)

Eugenio. Che dite, Ridolfo? La ballerina si è tratta fuori.

Ridolfo. Cred’ella al signor don Marzio? Non sa la lingua ch’egli è?

Eugenio. Lo so che ha una lingua, che taglia e fende. Ma parla con tanta franchezza, che convien dire che ei sappia quello che dice2.

Ridolfo. Osservi, quella è la porta della stradetta. A star qui, la si vede; e giuro da uomo d’onore, che per di là in casa non va nessuno.

Eugenio. Ma il Conte la mantiene?

Ridolfo. Il Conte va per casa, ma si dice che la voglia sposare.

Eugenio. Se fosse così, non vi sarebbe male; ma dice il signor don Marzio che in casa vi va chi vuole.

Ridolfo. Ed io le dico che non vi va nessuno.

Don Marzio. (Esce dal barbiere col panno bianco al collo e la saponata sul viso)) Vi dico che vanno per la porta di dietro.

Garzone. Illustrissimo, l’acqua si raffredda.

Don Marzio. Per la porta di dietro, (entra dal barbiere col garzone)

SCENA XI.

Eugenio e Ridolfo.


Ridolfo. Vede? È un uomo di questa fatta. Colla saponata sul viso.

Eugenio. Sì, quando si è cacciata una cosa in testa, vuole che sia in quel modo.

  1. Bett. e Pap. aggiungono: (Il Garzone torna a bottega).
  2. Bett.: che si sappia tutto.