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218 ATTO PRIMO


vedere, si fa ridicolo. È un uomo di stucco. Non sa quel che si faccia. Sempre moglie, sempre moglie. (bevendo il caffè)

Ridolfo. Altro che moglie! È stato tutta la notte a giuocare qui da messer Pandolfo.

Don Marzio. Se lo dico io. Sempre giuoco! Sempre giuoco! (dà la chicchera, e s’alza)

Ridolfo. (Sempre giuoco; sempre moglie; sempre il diavolo che se lo porti). (da sè)

Don Marzio. È venuto da me l’altro giorno, con tutta segretezza, a pregarmi che gli prestassi dieci zecchini sopra un paio d’orecchini di sua moglie.

Ridolfo. Vede bene; tutti gli uomini sono soggetti ad avere qualche volta bisogno, ma non hanno piacere poi che si sappia; e per questo sarà venuto da lei, sicuro che non dirà niente a nessuno.

Don Marzio. Oh, io non parlo. Fo volentieri servizio a tutti, e non me ne vanto. Eccoli qui; questi sono gli orecchini di sua moglie. Gli ho prestato dieci zecchini; vi pare che io sia al coperto? (mostra gli orecchini in una custodia)

Ridolfo. Io non me ne intendo, ma mi par di sì.

Don Marzio. Avete il vostro garzone?

Ridolfo. Vi sarà1.

Don Marzio. Chiamatelo. Ehi, Trappola.

SCENA IV.

Trappola dall’interno della bottega, e detti.

Trappola. Eccomi.

Don Marzio. Vieni qui. Va dal gioielliere qui vicino, fagli vedere questi orecchini, che sono della moglie del signor Eugenio, e dimandagli da parte mia, se io sono al coperto di dieci zecchini, che gli ho prestati.

Trappola. Sarà servita. Dunque questi orecchini sono della moglie del signor Eugenio?

  1. Bett., Pap. ecc. aggiungono: (si ritira indietro verso la bottega).