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172 ATTO TERZO

Rosaura. Questa è una cosa alla quale tocca a pensare a me.

Florindo. Ci devo pensar io, che sono vostro marito.

Rosaura. No, Fiorindo, fidatevi questa volta di me. Può essere che mi riesca far le vostre vendette, senza sfoderare la spada.

Florindo. Eh, che per fare a vostro modo, sinora ho fatto delle bestialità; non voglio che mi meniate più per il naso.

Rosaura. Ora non vi domando di secondarmi per un capriccio, per un piacere, ma solamente vi chiedo che, siccome sono io stata la cagione di questo male, lasciate fare a me a procurare il rimedio.

Florindo. Ditemi che cosa avete intenzione di fare.

Rosaura. No, non lo voglio dire. Bastivi sapere che il pensiero è tutto mio, che la vendetta è sicura, e che mancherà il tempo di farla, se inutilmente ci trattenghiamo.

Florindo. Dunque che abbiamo a fare?

Rosaura. Mandate subito a ordinare il carrozzino con i quattro cavalli1.

Florindo. E la roba?

Rosaura. La roba si consegnerà al padron dell’albergo, e la manderà poi a Castellamare.

Florindo. Volete far uccidere qualcheduno?

Rosaura. Eh, pensate! La vendetta ha da essere senza sangue.

Florindo. Io non vi so capire.

Rosaura. Sollecitate, e saprete la mia intenzione.

Florindo. Brighella? (chiama)

SCENA II.

Brighella e detti; poi Arlecchino.

Brighella. Lustrissimo.

Florindo. Va subito alla posta, ordina nuovamente il carrozzino con i quattro cavalli, e di’ al postiglione che venga immediatamente, poichè voglio da qui a pochi momenti partire.

  1. Nell’ed. Bett. segue subito: «Flor. Io non la so capire»