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152 | ATTO SECONDO |
Brighella.(Figureve cossa che l’ha da far al so paese. L’ha da far inmattir1tutta la servitù). (parte)
Rosaura. Voglio incontrarla sulla porta.
SCENA VIII2.
Clarice e Rosaura, poi Brighella.
Clarice. Riverisco la signora donna Rosaura.
Rosaura. Serva della signora Contessa.
Clarice. Vedete se vi voglio bene, se vi sono venuta a vedere?3
Rosaura. Onor ch’io non merito, grazia ch’io ricevo4 col più rispettoso sentimento del cuore.
Clarice. Avete desinato?
Rosaura. Signora no, non ho desinato. Ho bevuto la cioccolata, e mi riserbo a cenar questa sera dalla contessa Beatrice. Vi supplico accomodarvi.
Clarice. Perchè mi volete mettere in sedia d’appoggio? Questa è sufficiente. (accenna l’altra, che Rosaura teneva per sè)
Rosaura. Di grazia, fatemi quest’onore. Quella è la vostra sedia, e quello è il vostro luogo.
Clarice. Ma se non m’importa.
Rosaura. Ma se vi prego di questa grazia.
Clarice. (Che ridicola affettazione!) (da sè) Per compiacervi, sederò dove volete, (si prova mettersi a sedere, ma col guardinfante non v'entra, a cagione de’ bracci del seggiolone) Signora donna Rosaura, non sono in grado di ricevere le vostre finezze.
Rosaura. Perchè, signora Contessa?
Clarice. Non vedete? I bracci di questa sedia son tanto stretti, che il guardinfante non ci capisce.
Rosaura. (È vero; non so trovare il ripiego). (da sè) Mi dispiace che in questo appartamenro non vi vono altre sedie distinte.
Clarice. E a me non importa niente. Vi dico che sederò qui. (va a sedere sulla sedia che era per Rosaura)