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LE FEMMINE PUNTIGLIOSE | 129 |
sono considerato. Mai più faccio una simile bestialità. Dalla contessa Beatrice non ci voglio andare, e quando torna mia moglie a casa, faccio i bauli, e subito prendo le poste, e la riconduco a Castellamare. (parte)
SCENA XIII1.
Appartamento in casa della contessa Beatrice.
La contessa Eleonora, la contessa Clarice ed il conte Ottavio.
Eleonora. Per assoluto2, voglio andar via.
Ottavio. Ma perchè, signora contessa Eleonora, v’impazientite voi tanto?
Eleonora. La contessa Beatrice non sa il trattare. Ci manda l’ambasciata, perchè venghiamo da lei a sedici ore, e sono oramai diciassette.
Ottavio. Vi ha pur fatto dire da suo marito, che abbiate la bontà di trattenervi, se ella tardasse alcun poco a venir a casa.
Clarice. Queste ambasciate si fanno fare alle serve, non alle dame che sono al par di lei3, e qualche cosa più di lei. Si vede bene che i vizi di suo marito le hanno fatto non solo consumare l’entrate, ma perdere ancora la civiltà.
Ottavio. Anche voi vi riscaldate, contessina Clarice?
Clarice. Mi riscaldo con ragione; e se non avessi licenziato la mia carrozza, me ne anderei assolutamente.
Eleonora. Venite nella mia, andiamo. Già io sto poco di qua lontano. Vi contenterete che smonti al mio palazzo, e vi farete servire a casa.
Clarice. No, no4, vi ringrazio. Aspetterò ancora un poco.
Ottavio. Sentite una carrozza; sarà quella della contessa Beatrice.
Clarice. Sarà la mia, sarà la mia.
Ottavio. Or ora ve lo saprò dire. (parte per assicurarsene, e poi torna)
Eleonora. Per che causa mai ci ha fatto venir qui stamattina?