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120 ATTO PRIMO


udienza le sedie tutte eguali non istanno bene. E i servitori non le sanno disporre.

Lelio. (Non ve l’ho detto? La Contessa non ha il suo posto, e vi voleva una sedia distinta). (piano a Rosaura) Signora, regolerò io le mancanze del servitore, giacchè per i mobili non vi è rimedio. (5’ alza, porta la sua sedia in distanza di Rosaura, e fa che Beatrice resti alla dritta della medesima.)

Rosaura. (Ho piacer d’imparare; anch’io a Castellamare farò così).

Beatrice. Conte mio, vi siete preso un incomodo che lo potevate risparmiare. L’errore non consisteva nella vostra sedia, ma nella mia. Il sole di quella finestra mi offende la vista.

Lelio. (Ho capito). (da sè) Permettetemi ch’io vi rimedi. (S’alza, fa alzare Beatrice, e porta la di lei sedia in distanza di Rosaura, colla spalliera verso la finestra, cosicchè viene a restare in faccia a Rosaura, nel primo luogo della camera d’udienza.)

Beatrice. (Conte, se l’ho da condurre alla conversazione delle dame, insegnatele qualche cosa). (piano al Conte, e siede)

Rosaura. (Questa poi non l’intendo). (piano al Conte)

Lelio.(Quello è il primo luogo. Nella camera d’udienza, sempre la persona che si riceve va collocata in faccia alla padrona di casa, e in faccia alla porta, o almeno di fianco). (piano a Rosaura)

Rosaura. (Anche questa è buona per Castellamare).

Lelio. Su via, signore mie, diciamo qualche cosa di bello. (Torna a portare la sua sedia vicino a Rosaura, e gira alquanto quella di essa Rosaura, acciò resti in faccia alla contessa Beatrice.)

Beatrice. E così, signora Rosaura, come vi piace la città di Palermo?

Rosaura. Non posso dirlo, perchè non l’ho ancora veduta.

Beatrice. Quant’è che ci siete?

Rosaura. Saranno otto giorni.

Beatrice. In otto giorni sarete stata in qualche luogo.

Rosaura. Non sono uscita di casa, altro che una volta sola.

Beatrice. Per qual ragione?