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108 | ATTO PRIMO |
Rosaura. Ciò basterebbe a farmi morir di rossore.
Florindo. Penso che sarebbe stato meglio, se in luogo di aspirare alla conversazione delle dame, ci fossimo contentati di quella delle mercantesse della nostra1 condizione.
Rosaura. Oh, questo poi no. Sono venuta a Palermo per acquistare qualche cosa di più. Per essere distinta a Castellamare2, basta ch’io possa dire: sono stata in Palermo alla conversazione delle dame.
Florindo. Ma se questa conversazione non si può ottenere?
Rosaura. Il conte Lelio mi ha dato speranza, che forse forse si otterrà3.
Florindo. Il conte Lelio e molti altri cavalieri ci trattano, ci favoriscono, mostrano desiderio d’introdurci per tutto; ma so che le dame non vogliono ammetterci assolutamente4.
Rosaura. Eppure sono stata a casa di alcune, e mi hanno ricevuta5.
Florindo. Sì; in privato tutte ci faranno delle finezze; ma in pubblico non è possibile6.
Rosaura. Mi ha promesso il conte Lelio che la contessa Beatrice prenderà ella l’impegno d’introdurmi.
Florindo. Questa dama non la conosco. Non le ho portato veruna lettera di raccomandazione.
Rosaura. La lettera di raccomandazione che dovremo noi presentarle, sarà un piccolo regaletto di cento doppie.
Florindo. Cento doppie? A che motivo?
Rosaura. Per gli incomodi che si dovrà prendere per causa nostra.
Florindo. E sarà tanto vile per vendere a denaro contante la sua protezione?
Rosaura7. Il conte Lelio maneggia l’affare: io gliel’ho promesse, e son certa che in questo non mi farete scorgere. Purchè ot-
- ↑ Bett.: della nostra medesima.
- ↑ Le antiche edd. così stampano: Castell’a Mare. - Ed. Bett.: Per essere distinta fra le mie eguali in Livorno.
- ↑ Mancano queste parole nell’ed. Bett.
- ↑ V. nota preced.
- ↑ C. s.
- ↑ C. s.
- ↑ Così segue e si chiude la scena nell’ed. Bettin.: «Ros. Il Conte Lelio maneggia l’affare. Io gliele ho accordate, e son certa che voi non mi farete in ciò scomparire. Flor. Per quel ch’io vedo, qui si vende la protezione, come da noi il panno e la seta. Ros. Ci siamo, bisogna starci».