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ma ben guardarsi di non impazzire coi pazzi. Mentre accenno queste regole della felicissima Società, non intendo già di darle a Voi, quasicche abbiate ora necessità d’impararle. Voi siete adorno di tutte le più amabili qualità; siete un perfetto conoscitore del Mondo, e avete per gli onesti piaceri, che il Mondo ci somministra, un ottimo discernimento, un perfettissimo gusto.

Ecco le duodecima ed ultima condizione, la quale, secondo me, può render l’Uomo felice: il buon gusto, il sano discernimento. Iddio ha creato il Mondo per noi e tutte le sue delizie sono delizie nostre. Guardiamoci dall’abusarcene, non dal goderle. Senza andar dietro ai piaceri vietati, tanti noi ne abbiamo dei permessi, che smentir possiamo coloro i quali tristo chiamano il Mondo. È l’appetito smoderato degli Uomini quello che cambia aspetto alle cose; per altro vi è da prendersi divertimento, senza traviare dal sentiero dell’onestà. Vi vuol buon gusto e perfetto discernimento; Voi l’uno e l’altro avete, e lodevole uso ne fate: Voi siete dunque felice. Che se alcuno mi volesse opporre, essere necessario per la felicità dell’Uomo il comando; no, gli direi, t’inganni. Possono gli Scettri e le Corone appagar l’ambizione, non rendere contento il cuore. Un grado solo dell’umana felicità che manchi al Sovrano, lo può rendere nella sua grandezza infelice, e tutta la sua grandezza non vale a procacciargli la pace del cuore.

Io dunque mi rallegro con Voi, Illustriss. Sig. Cavaliere, e mi rallegro di cuore con me medesimo, per aver ritrovato e conosciuto in Voi il tesoro dell’umana felicità. Voi non potete non desiderare felici gli altri per effetto della virtù; onde a ragion mi lusingo, che mi vorrete beneficare, donandomi ora per sempre la benignissima grazia vostra; accettando come un tributo d’ammirazione, di servitù ed ossequio questa miserabile Commedia che vi offerisco, e permettendomi che possa dire di essere, quale umilmente mi sottoscrivo

Di V. S. Illustriss.

Umiliss. Devotiss. ed Obblig. Serv.
Carlo Goldoni.