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IL PADRE DI FAMIGLIA 65

Ottavio. (Ehi, va a prendere il sacchetto). (piano a Florindo)

Florindo. (Tremo tutto). (piano ad Ottavio)

Ottavio. (Franchezza, faccia tosta). (da sè)

Pancrazio. Sedete, signor Tiburzio.

Tiburzio. Obbligatissimo.

Pancrazio. Se volete favorire, siete il padrone.

Tiburzio. Grazie; ho pranzato che sarà mezz’ora.

Pancrazio. Dategli da bere.

Tiburzio. No, davvero; fra pasto non bevo mai.

Ottavio. Se non vuol bever V. S., beverò io. Ehi, da bere. (gli portano da bere, ed ei subito beve)

Pancrazio. Signor Ottavio, non ci fate nemmeno un brindisi?

Ottavio. I brindisi non si usano più.

SCENA XVII.

Lelio che torna, e detti.

Ottavio. (Eccolo, eccolo). (a Florindo)

Florindo. (Me ne anderei volentieri). (ad Ottavio)

Ottavio. (Niente paura). (a Florindo)

Lelio. Ecco il sacchetto. (lo dà a Pancrazio)

Pancrazio. Mi par molto leggiero.

Lelio. Se ho da dire il vero, pare anche a me.

Pancrazio. (Apre il sacchetto) Che negozio è questo! Cenere e piombo? Sono questi i trecento scudi che m’avete portato!

Lelio. Ma io ho portato trecento scudi fra oro e argento! E questo è il sacchetto in cui erano. Non so che dire, rimango stordito.

Pancrazio. Io resto più stordito di voi. Come va quest’affare? Presto, temerario, confessa, che cosa hai fatto de’ denari? E quale inganno tramavi di farmi?

Lelio. Signore, vi assicuro che sono innocente.

Pancrazio. Tu hai messo il sacchetto in camera colle tue mani proprie. Tu hai serrata la porta. Non vi è altra chiave che apra quella porta, che questa: chi vuoi tu che l’abbia aperta?

Tiburzio. (Con queste istorie non vorrei perdere i quattrocento scudi). (da sè)