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IL PADRE DI FAMIGLIA 55

Fiammetta. E poi...

Florindo. È poi, e poi, non pensate più in là.

Fiammetta. (Basta, in ogni caso mi resterà l’anello). (da sè)

Florindo. Lo prendete o non lo prendete?

Fiammetta. Lo prendo.

Florindo. Ecco, o mia cara...

SCENA VI.

Ottavio e detti.

Ottavio. Cosa fate?

Florindo. Zitto.

Fiammetta. (Povera me, sono rovinata! ) (da sè)

Florindo. (Do ad intendere, zitto, a costei di sposarla). (piano ad Ottavio)

Ottavio. (Ma l’anello? I dieci zecchini? ) (da sè)

Fiammetta. Signor Ottavio, per amor del cielo, abbiate carità di me. Io non voleva e non voglio, ed egli mi tormenta e mi sforza.

Ottavio. Niente, figliuola, niente. Non dubitate di me. So compatire l’umana fragilità. Il povero giovane è innamorato di voi, voi lo siete di lui. Vi compatisco.

Florindo. Caro signor maestro, che ne dite? Questo matrimonio vi pare che si possa fare?

Ottavio. Si può fare, si può fare.

Fiammetta. Ma poi nasceranno mille strepiti e mille fracassi.

Ottavio. Fidatevi di me, e non dubitate. Ma se volete ch’io m’impieghi per voi a prò del vostro matrimonio, avete a fare una carità non già per me, ma per una povera fanciulla, che è in pericolo di perdersi.

Fiammetta. Dite pure quello ch’io posso, lo farò volentieri.

Ottavio. Un paio di smanigli d’oro possono far maritare una ragazza. Voi ne avete due paia; se me ne date un paio, li porto a questa povera fanciulla: si marita e si pone in sicuro, e voi mi avrete obbligato fino alla morte.