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594 | ATTO TERZO |
Pancrazio1. Chi vi ha dette tali fandonie?
Dottore. Me le ha dette Trastullo.
SCENA XV2.
Trastullo i.
Trastullo. Son qua, signori. I danari sono a casa, ed il signor Florindo li conta.
Dottore. Dimmi un poco. Trastullo, che cosa si diceva stamattina in piazza del signor Pancrazio?
Trastullo. Che egli è un ricco mercante, che tutti i suoi negozi vanno bene, e che quanto prima sarà in grado di cambiare stato.
Dottore. Tu non mi hai detto così, due ore sono.
Trastullo. Egli è vero, non ho detto così. Mi levo la maschera e parlo liberamente, senza paura e senza rossore. Quelle tre lettere, che hanno fatto credere a vossignoria il fallimento del signor Pancrazio, le ho inventate io, e con questo mezzo ho procurato che nasca un aggiustamento utile e onesto per una parte e per l’altra. Il signor Florindo, prevalendosi di un mio consiglio, si è introdotto di nottetempo in casa della signora Rosaura, ma si è poi avanzato a levarle la riputazione. Io, che aveva rimorso di essere stato la cagione innocente di questo gran male, vi ho trovato rimedio; conoscendo che il timore di perder tutto, poteva indurre il zio ed il nipote a contentarsi di poco.
Dottore. Questo è un tradimento.
Pancrazio. Non è niente. Poichè se ella sposava me, non vi toccava un soldo. Godetevi i diecimila ducati in pace, e non ne parliamo più.
Rosaura. Piuttosto che sposare il signor Florindo, mi sarei sagrificata col signor Pancrazio.
Pancrazio. Sagrificata, perchè son decrepito?
Rosaura. Perdonatemi; perchè amava il vostro figliuolo.