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586 | ATTO TERZO |
Florindo. Niente, signor zio, la cosa è passata bene.
Ottavio. Ma non anderà così sempre.
Florindo. No certamente. Anderà peggio per voi.
Lelio. Li sentite? (al Dottore)
Dottore. E che sì, che si disputa fra voi due il possesso della signora Rosaura?
Florindo. Per l’appunto, voi lo sapete.
Dottore. Ma si disputa invano.
Lelio. Amici, siete pazzi a battervi per una donna. La vita è una sola e le donne sono in abbondanza.
Dottore. Florindo mio, vi consiglio a mutar pensiero.
Florindo. Come?
Dottore. Che diavolo volete fare di una donna che non vi ama?
Florindo. Mi consigliereste a lasciarla?
Dottore. Sì certamente.
Florindo. E perdere con Rosaura anco la dote?
Dottore. Vi consiglierei abbracciare un progetto, che abbiamo concertato col signor Pancrazio.
Florindo. In che consiste?
Dottore. Rinunziare a tutte le nostre pretensioni, e prendere per noi diecimila ducati in tante belle monete, subito contate a prima vista.
Ottavio. Bellissimo è il progetto! Comodo e vantaggioso per tutti noi.
Lelio. Io l’accetterei immediatamente.
Florindo. Ed io non son sì vile per accettarlo.
Dottore. Fate a modo mio, accettatelo.
Florindo. No certamente.
Dottore. Sentite. (Fatelo sopra di me. So quello ch’io dico). (piano a Florindo)
Florindo. Non isperate di lusingarmi.
Dottore. Badate a me. (La ragione Aretusi e Balanzoni potrebbe fallire). (piano a Florindo)
Florindo. Compatite, non è da vostro pari il discorso.
Dottore. (So quel ch’io dico; la cosa è in pericolo. Non lasciamo il certo per l’incerto). (come sopra)