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582 ATTO TERZO

Trastullo. Che dic’ella?

Dottore. Trentamila franchi? E una bagattella! Sentiamo quest’altra, (apre e legge) Signori Aretusi e Balanzoni Compagni, Venezia ecc.

Livorno 6 Settembre 1749.

 Ieri furono vedute alla vista di questo porto le vostre due navi provenienti da Lisbona, cariche per conto vostro. Erano già per entrare, ma combattute da un fiero libeccio, sono andate a picco alla punta del molo. In questa piazza si parla che una tal perdita possa produrre il fallimento, onde tutti s’allarmano contro di voi. Che vi serva di regola, e vi B. L. M.

Claudio Fanali.


Dottore. La cosa va peggiorando di molto.

Trastullo. Se le dico, è un fallimento terribile.

Dottore. Schiavo, signora eredità. Sentiamo l’ultima. (apre e legge) Signori Aretusi e Balanzoni Compagni, Venezia ecc.

Milano 8 Settembre 1749.

 Monsieur Ribes, ministro di questo vostro Banco, è fuggito ed ha portato via tutto il vostro capitale; perciò in questa città alla vostra firma per ora sarà sospeso il credito, e i vostri creditori vi trarrano immediatamente le lettere di cambio per saldare i loro conti; non manco di rendervi avvisato, e vi B. L. M.

Pompejo Scalogna.

Dottore. Pancrazio è rovinato.

Trastullo. Poveretto! Anderà a chieder l’elemosina.

Dottore. Come, diavolo, si sono combinate tante disgrazie in una volta?

Trastullo. E adesso i creditori di Venezia salteranno su, e gli porteranno via il resto.

Dottore. E Rosaura resterà miserabile.

Trastullo. Se il signor Florindo la sposa, vuole star fresco.

Dottore. Oh, mio nipote non la sposerà.

Trastullo. Già lo faceva più per la dote, che per l’amore.