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580 ATTO TERZO


d’andar così la faccenda. Se il disegno di Trastullo non avrà buon effetto, troverò io il bandolo per venire a capo di tutto.

Trastullo. (Ecco il signor Dottore... Adesso è il tempo di piantar la carota). (da sè)

Dottore. Io, che ho saputo inventar tante cose per aiuto degli altri, non saprò farlo per me? Oh, se lo saprò fare!

Trastullo. Signor padrone, appunto io andava cercando di vossignoria.

Dottore. Buone nuove?

Trastullo. Cattive.

Dottore. Già me l’immaginava. Farò io, farò io.

Trastullo. Prima di fare, bisogna pensarvi.

Dottore. Eh, chiacchiere! Mio nipote ha parlato colla signora Rosaura?

Trastullo. Le ha parlato.

Dottore. Dice non volerlo?

Trastullo. Circa a questo, è un pasticcio che va poco bene; ma v’è di peggio.

Dottore. Che cosa v’è?

Trastullo. La ragione Aretusi e Balanzoni è sul momento di dover fallire.

Dottore. Oh, diavolo! Come lo sai?

Trastullo. Conosc’ella il signor Pandolfo Ragusi?

Dottore. Lo conosco, è un mercante di credito.

Trastullo. Il suo complimentario è un mio grand’amico e padrone da tant’anni, che ci siamo conosciuti da bambini. Egli mi ha confidato con segretezza, che da più lettere viene avvisato il suo principale del fallimento di questa ragione. Onde è andato in questo momento a trovare un donzello, per far bollare e sequestrare al signor Pancrazio per un credito di diecimila ducati.

Dottore. Povero me! Questa è la mia rovina! Ma mi pare impossibile come mai una ragione così forte può essere precipitata da un momento all’altro! Trastullo, non sarà vero.

Trastullo. Senta, ho dubitato ancor io: questo fatto mi dispia-