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L'EREDE FORTUNATA 557

Pancrazio. Senti, o tu hai da fare a modo mio, o tu sarai causa che mi darò ancor io alla disperazione. Voglio che tu sposi Rosaura.

Ottavio. Ma voi volete precipitar lei, voi e tutta la vostra casa.

Pancrazio. Che importa a me d’esser ricco, se la mia ricchezza può essere cagione della morte del mio caro figlio? I padri non hanno altro bene in questo mondo, che quello delle loro creature. Tu sei mio sangue, ti voglio consolare anche a dispetto della tua ostinazione. Aspettami qua. Vado a prender Rosaura, e su due piedi voglio che tu la sposi.

Ottavio. Ma io certamente...

Pancrazio. Taci. Se tu non hai premura di te stesso, abbi rispetto pel tuo genitore. E se non vuoi farlo per amore, fallo per obbedienza. La virtù d’un figlio consiste principalmente nell’obbedire a suo padre. Se tu continui ad essere ostinato, la tua virtù diventa viziosa, e invece di obbligarmi ad amarti, ti sarò il maggior nemico che tu possa avere in questo mondo.

Ottavio. No, caro padre, non mi atterrite colla minaccia dell’odio vostro: vedete che io non recalcitro ad obbedirvi per poco rispetto dei vostri comandi, ma anzi per vero amore, per vera cognizion di me stesso. Rosaura forse mi darà la mano; voi siete disposto a cederla per amor mio; ma passerebbe poco tempo, che entrambi vi pentireste d’averlo fatto.

Pancrazio. Dice il proverbio: per la strada si accomoda la soma; mettiti pure in viaggio così alla meglio con essa, e non dubitare, che arriverai al fine bramato. (parte)

Ottavio. Che bel1 temperamento è quello di mio padre! In mezzo alle cose più serie non lascia le lepidezze! Ma ora verrà con Rosaura, ed io che farò? Le darò la mano di sposo? Ecco precipitata lei e tutta la nostra famiglia. E se ricuso sposarla? Eccomi in procinto di perderla. Queste due estreme necessità esigono da me qualche altro spazio di tempo a risolvere. Chi precipita le risoluzioni, tardi si pente. La notte è ottima con-

  1. Bettin.: gran bel.