Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, III.djvu/567


L'EREDE FORTUNATA 551


sagrificare per me le sue sostanze, devo sagrificare per essa la vita. Oh cieli! Rosaura dunque ha parlato? Ha svelato ella dunque l’arcano, che proposto avevamo di serbar celato. Non mi serva però d’esempio. Ella, come donna, cede alla forza della passione, lo sono in debito di sostenere la virile costanza. (parte)

SCENA V.

Strada con casa di Pancrazio.

Trastullo1 e Arlecchino.

Arlecchino. Ho inteso tutto.

Trastullo. Te ne ricorderai bene?

Arlecchino. Cugnà, no te dubitar; gh’ho bona memoria, e farò tutto pulito.

Trastullo. Via, da bravo, fa il servizio come va fatto.

Arlecchino. Cugnà, lassa far a mi; ma quando faremio sto matrimonio?

Trastullo. Presto.

Arlecchino. Stassera?

Trastullo. Via, sì, stassera.

Arlecchino. Cugnà, varda ben che me fido de ti.

Trastullo. Fidati (che stai fresco). (da sè)

Arlecchino. Se no sposo Fiammetta, ti ghe penserà ti.

Trastullo. Ma non mi tormentare. Fa quel che ti ho detto, e sarai consolato.

Arlecchino. Cugnà, a revèderse.

Trastullo. Buon giorno. Ricordati, sai?

Arlecchino. Sì, me ne recordo. (in atto di partire)

Trastullo. A mezz’ora di notte?

Arlecchino. A mezz’ora de notte.

Trastullo. Sì, poco ci manca.

Arlecchino. Cossa hoio da far a mezz’ora de notte?

  1. Vedasi Appendice.