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532 ATTO PRIMO

Rosaura. Ei più non vive.

Ottavio. Sì, ma estinto ancora sa farsi obbedire col rigoroso suo testamento.

Rosaura. Il suo testamento non può dispor del mio cuore.

Ottavio. Ma dispone della vostra fortuna.

Rosaura. La mia fortuna consiste nell’amor vostro1.

Ottavio. Rosaura, vi pentirete d’aver sagrificato per me un’eredità sì preziosa.

Rosaura. V’ingannate; non conoscete il mio cuore. Fate torto alla tenerezza dell’amor mio. Rinunzierei, o caro, per voi, anco un regno.

Ottavio. Sarei indegno del vostro affetto, se non sapessi consigliarvi ad amar meglio voi stessa.

Rosaura. Ah, dite piuttosto che disprezzate il mio cuore, che non vi curate della mia mano.

Ottavio. No, cara, v’amo quanto amar si può mai: son certo di sopravvivere poco alla vostra perdita; ma pure dura necessità mi costringe a rinunziarvi al genitore. Che direbbe il mondo di me, se per mia cagione perdeste voi, perdesse mio padre una sì bella fortuna? Il nostro amore fu sempre a tutti nascosto. Continuiamo2 a tacere; e quella virtù, che c’insegnò finora a dissimulare le nostre fiamme, c’insegni ancora a celarle per l’avvenire.

Rosaura. Voi mi volete veder morta.

Ottavio. Bramo anzi vedervi contenta.

Rosaura. Non è possibile che ad altri porga la mano.

Ottavio. Deh, se mi amate, datemi questa prova dell’amor vostro. Fingete almeno di aggradire le nozze del mio genitore. Non le ricusate sì apertamente; non date campo ai nostri nemici di armarsi contro di noi. Il Dottor vostro zio, Florindo vostro cugino sospirano in voi una tale ripulsa, per impossessarsi delle vostre sostanze. Fate che non isperino di poterle mai conseguire; mostratevi rassegnata ai voleri del padre. Prendete tempo, e (l) (2)

  1. Pasq.: La mia fortuna non consiste nell’amor vostro?
  2. Bett., Pap., ecc.: continoviamo.