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524 | ATTO PRIMO |
e scandalose, il notaro è obbligato a suggerirgli la giustizia e l’onestà. Ma siete d’accordo con Pancrazio, e non sareste il primo che avesse fatto parlare un morto. Auri sacra fames; auri sacra fames. (parte)
Florindo. Correggerò io le pazzie d’un padre sedotto e le vostre fattucchierie. (parte)
Pancrazio. Trastullo, voi che siete servitore ed avete più giudizio dei vostri padroni, illuminateli, e fateli conoscere l’inganno in cui sono. Ricordatevi che siete stato allevato in casa mia, e che il bene che avete, lo dovete riconoscere da me.
Trastullo. So il mio debito. Non son di quei servitori che hanno per vanagloria di sputare in quella scodella dove hanno bevuto. Sono stato allevato in casa sua, ed ella mi ha fatto del bene. È vero che sono in obbligo di obbedir quelli che mi danno il salario. Ma a luogo e tempo mi ricorderò del mio primo padrone, e invece di alimentar questo fuoco, procurerò di buttarvi dell’acqua. (parte)
Pancrazio. La ragione mi difende, la legge mi assiste, la giustizia non mi potrà abbandonare. Grazie al cielo, siamo a Venezia. Qua le cabale non fanno colpo; le bugie non si ascoltano; le prepotenze non vagliono niente. Signor notaro, venga oggi al mio banco, che sarà soddisfatto.
Notaro. Sì signore, sarò a incomodarvi. (Quel caro signor Dottore si lamenta del testamento. Se non fossero i testamenti, gli avvocati farebbero poche faccende). (parte)
SCENA II.
Pancrazio1 ed Ottavio.
Pancrazio. Figlio mio, che dici tu di questa fortuna di casa nostra? Il signor Petronio, obbligando Rosaura a sposarmi, mi lascia erede di tutto il suo. Se avessi dovuto separar la sua parte dalla mia, e dar a Rosaura la porzione di suo padre, per noi
- ↑ Vedasi Appendice.