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46 ATTO SECONDO


trenta passi, Lelio vide una truppa di vagabondi, li saluta, lo chiamano: ci lascia, con essi s’accompagna e mi sparisce dagli occhi, lo, per zelo del mio ministero, lo inseguisco, e frattanto ordino a Florindo che si ponga a sedere in una bottega colà vicina, e mi aspetti, lo non sapeva (oh accidenti non aspettati e non preveduti!) che colà vi giuocassero. Il povero giovane ha veduto giuocare, l’occasione lo ha stimolato, ha giuocato, ha perduto e questa è la cagione del suo rammarico e dolore.

Florindo. Mi voglio andar a gettare in un pozzo.

Beatrice. No, caro, vien qua, fermati. E per questo ti vuoi disperare? Se hai perduto, pazienza. Hai perduti i due zecchini?

Ottavio. E ha perduta la spada. (piano a Beatrice)

Beatrice. Poverino! Anco la spada?

Florindo. Ma!

Beatrice. Zitto, zitto, che non lo sappia mio marito. Ne compreremo un’altra.

Ottavio. E ha perduto sulla parola... (piano a Beatrice)

Beatrice. Quanto?

Ottavio. Otto zecchini.

Beatrice. È vero? Hai perduto otto zecchini sulla parola? (a Florindo)

Florindo. Otto?

Ottavio. Sì, otto. Non vi ricordate del conto che abbiamo fatto?

Florindo. È vero. (Tre li vuole per lui). (da sè)

Beatrice. Otto zecchini? Come abbiamo a fare a trovarli?

Florindo. Se mio padre lo sa....

Beatrice. No, per amor del cielo, che non lo sappia.

Ottavio. Acciò non lo venga a sapere, bisogna pagarli presto.

Beatrice. Ma io non li ho. Sia maledetto! N’è causa quello scellerato di Lelio.

Ottavio. Sì, causa colui.

Florindo. Ah! signora madre, non mi abbandonate per carità.

Beatrice. Io denari non ne ho. Signor Ottavio, come si potrebbe fare a ritrovare questi otto zecchini?