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L'AVVOCATO VENEZIANO 497

Beatrice. Fate ciò che vi aggrada, non parlerò.

Alberto. Fortuna, te ringrazio; sentirò senza esser visto, e prenderò regola dai effetti della so passion. (va sul poggiolo, e si serra dentro)

Beatrice. Grand’amore ha il signor Alberto per Rosaura; e ha avuto cuore di farle contro? Io non la so capire.

SCENA VII.

Rosaura, Beatrice ed Alberto nascosto.

Beatrice. Cara amica, quanto me ne dispiace.

Rosaura. L’avete saputa la nuova?

Beatrice. Pur troppo. Via, consolatevi. Sarà quello che il cielo vorrà. La sorte vi assisterà per qualche altra parte.

Rosaura. Eh! cara Beatrice, per me è finita. La causa è persa: mio zio, che ha da supplire alle spese di questa, non ne vuol saper altro, non si vuole appellare.

Beatrice. E il Conte, che dirà?

Rosaura. Il Conte si è dichiarato pubblicamente che, se perdo la lite, non mi vuol più.

Beatrice. Vostro zio vorrà condurvi seco a Bologna.

Rosaura. Pensate! Mi ha detto a lettere cubitali che non vuole più saper nulla di me, che è povero anch’esso, che ha la sua famiglia in Bologna, e che non può soccorrermi.

Beatrice. Sicchè dunque, che risolvete di fare?

Rosaura. Qualche cosa sarà1 di me. Il cielo sa che ci sono; il cielo mi assisterà.

Beatrice. Il signor Alberto mostra avere per voi della parzialità e dell’amore.

Rosaura. Oh, cara amica! Il signor Alberto se ne anderà fra poco a Venezia, e non si ricorderà più di me. Barbaro, inumano! Se l’aveste sentito, come parlava! Pareva che io fossi la sua più crudele nemica.

  1. Bett. e Pap.: sarà anco.