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466 | ATTO SECONDO |
non solo non vi siete corretto, ma avete fatto peggio: vostro danno.
Alberto. Ah! pur troppo nasse a sto mondo de quei casi, de quei accidenti, dai quali l’omo no se pol defender, e l’animo più illibato, più giusto, comparisse in figura de reo. Tal son mi, ve lo zuro, ve lo protesto. Varie apparenze se unisse a farme creder colpevole, ma son innocente, ma son onesto, ma son Alberto, son un omo civil, che no degenera dalla so condizion.
Florindo. Potrete voi negarmi d’aver della passione, dell’amore per la’ signora Rosaura?
Alberto. No, stimo tanto la verità, che no la posso negar. Amo siora Rosaura, come mi medesimo; l’amo con tutto el cuor. Ma che per questo? Me crederessi capace de tradir el cliente, per favorir una donna che me vol ben? No, sior Florindo, morirò più tosto che commetter una simile iniquità.
Florindo. Io vi ripeterò a questo passo quello che un’altra volta vi ho detto. Se le volete bene, vi compatisco. Ma non conviene che vi arrischiate parlare contro una persona che amate.
Alberto. Se el mio amor verso sta creatura fusse nato avanti che me fusse impegnà con vu, per tutto l’oro del mondo non averave accettà sta causa contra de ela. Ma l’è nato in un tempo, che za giera impegnà, in un tempo, che no me posso sottrar dall’impegno, senza macchia della mia reputazion.
Florindo. Ma se io ve ne assolvo, non vi basta? Se son pronto pagarvi tutte le vostre mercedi, non siete contento?
Alberto. No me basta, no son contento. I bezzi no li stimo, d’una causa no fazzo conto, me preme el mio decoro, la mia fama, la mia estimazion. Cossa diria Venezia de mi, se là tornasse senza aver tratta quella causa, per la qual tutti sa che son vegnudo a Rovigo? La verità se sa presto, e per quanto la vostra onestà procurasse celarla, le male lengue se faria gloria de pubblicarla. Se diria per le piazze, per le botteghe, per i mezzai1, per i tribunali: Alberto xe vegnù a Venezia senza trattar la so causa. Perchè? Perchè el s’ha innamora della
- ↑ Il mezzà vuol dire lo studio. [nota originale]