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464 ATTO SECONDO

Beatrice. Che vuol dire che vi veggo tutti due turbati e sospesi? Rosaura, pare che abbiate le lacrime agli occhi.

Rosaura. Cara amica, partiamo.

Beatrice. Già me n’accorgo. Questo signor avvocato, indurito come un marmo, è inflessibile alle vostre preghiere, alle vostre lacrime. Vuol trattar la causa, non è egli vero? Vuol difendere il signor Florindo e precipitare la povera signora Rosaura? Ma che? Nemmeno mi rispondete? E questa tutta la vostra civiltà? Che ne dite, Rosaura, è un bell’uomo il signor Alberto? Ma nemmen voi parlate? Cos’è questa novità? Siete due statue? Io non vi capisco. Volete che ve la dica, mi parete due pazzi, e per non impazzire con voi, vi do il buon giorno e me ne vado per i fatti miei. (parte)

SCENA X1.

Rosaura ed Alberto.

Rosaura. Signor Alberto, abbiate compassione di me.

Alberto. La sa in che impegno che son.

Rosaura. Non dico che abbiate compassione della mia roba, ma che abbiate compassione di me.

Alberto. Come? In che maniera?

Rosaura. Vogliatemi bene. (parte)

SCENA XI2.

Alberto, poi Florindo ed il Servitore.

Alberto. Oimè! non posso più. Oh dio! el mio cuor! Oimè! non posso3 più respirar. (si getta a sedere)

Servitore. Aspetti che lo avvisi, e poi entrerà. (a Florindo, trattenendolo)

Florindo. Voglio passare. (sulla porta)

Servitore. Ma questa poi...

  1. Nelle edd. Bett., Pap. ecc. questa scena fa parte della precedente.
  2. È sc. X nelle edd. Bett., Pap. ecc.
  3. Bett. e Pap.: Oimè, che moro, no posso.