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462 | ATTO SECONDO |
effetti di qualche piccola inclinazione; se le finezze e le dichiarazioni fattemi ieri sera, sono stati unicamente effetti1 di mera galanteria, oppure espressioni ed effetti di un cuor parziale, di un cuore che abbia per me concepita qualche cortese stima, qualche generosa passione. Insomma, se io sono presso di voi una indifferente persona, o se posso lusingarmi di aver meritato, se non il vostro amore, almeno la vostra pietà.
Alberto. Siora Rosaura, me son impegna de responder sinceramente, onde non posso nasconderghe la mia inclinazion. Pur troppo dal primo dì che l’ho vista, me son sentio a ferir el cuor. E quando passava sotto le so finestre, e quando cercava l’occasion de vederla, giera un infermo che andava cercando qualche ristoro al so mal. Ma oh dio! La scarsezza del balsamo, in confronto della profondità della piaga, non fava che mazormente irritarla e me accresceva el tormento, nell’atto de procacciarme el remedio. Giersera, oh dio! giersera in che smanie, in che angustie me son trovà! Quei so rimproveri i giera tanti acuti stili, che me trapassava el cuor. Quelle occhiade, miste de sdegno e de tenerezza, le me strenzeva el petto a segno de no poder respirar. Vederme in grado de dover comparir nemigo in pubblico de una che adoro in privato, l’è una spezie de novo tormento, mai più prova dai omeni, mai più inventa dai demòni, mai più figurà dalla crudeltà dei tiranni.
Rosaura. Dunque mi amate?
Alberto. Colla maggior tenerezza del cuor.
Rosaura. Questo mi basta. Faccia ora di me la sorte il peggio che far ne può; soffrirò tutto senza lagnarmi, se certa sono del vostro amore.
Alberto. Sì, cara siora Rosaura, ma la sicurezza del mio amor no pol gnente contribuir al desiderio dei so vantaggi. La vede, son nella dura costituzion de dover far quanto posso per renderla miserabile; e me pianze el cuor e se me giazza2 el sangue, co penso ch’el debito della mia onestà voi che butta da banda tutte le belle speranze della mia passion.