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362 ATTO SECONDO

Pantalone. (E1 tempo passa). (come sopra)

Anselmo. Principiate voi, poi dirò io. Intanto lasciatemi prender gusto in questo cammeo.

Pantalone. Signore, se le me permette, qua per ordine del sior Conte mio patron, del qual ho l’onor de esser anca parente...

Doralice. Per mia disgrazia.

Pantalone. Tasè là, siora, e fin che parlo, no m’interrompè. Come diseva, se le me permette, farò un piccolo discorsetto. Pur troppo xe vero che tra la madonna e la niora poche volte se va d’accordo...

Isabella. Quando la nuora non ha giudizio1.

Pantalone. Cara ela, per carità la prego, la me lassa parlar; la sentirà con che rispetto, con che venerazion, con che giustizia parlerò de ela. (ad Isabella)

Isabella. Io non apro bocca.

Pantalone. E vu tasè. (a Doralice)

Doralice. Non parlo.

Pantalone. Credo che per ordinario le dissension che nasse tra ste do persone, le dipenda da chiaccole e pettegolezzi.

Isabella. Questa volta son cose vere.

Dottore. Vere, verissime.

Pantalone. Oh poveretto mi! me lassele dir?

Isabella. Avete finito? Vorrei parlare anch’io.

Doralice. Una volta per uno, toccherà ancora a me.

Pantalone. Mo se non ho gnancora principià2; sior Conte, la parla ela, che mi no posso più. (ad Anselmo)

Anselmo. Avete finito? Si sono aggiustate? È fatta la pace?

Pantalone. Dov’elo stà fina adesso? Non l’ha sentio ste do campane che no tase mai?

  1. Aggiungono le edd. Bett., Pap. ecc.: «Dor. Quando la suocera è presuntuosa».
  2. Segue nelle edd. Bell., Pap. ecc.: «Patrona sì, le chiaccole, i pettegolezzi per el più guasta et sangue e fa deventar nemici i parenti. Per questo vorria pregar siora contessa Isabella... Isab. La signora contessa Isabella la ringrazia delle sue finezze. Dor. Che diavolo avete fatto, non le avete dato dell’Illustrissima? a Pant. Isab. Se me l’avesse dato, avrebbe fatto il suo debito. Dor. Si sa, lo dico per questo. Pant. Sior Conte, la parla ela, che mi no posso più ecc.»