Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, III.djvu/361


LA FAMIGLIA DELL'ANTIQUARIO 349

Brighella. Cospetto del diavolo! Cossa me tocca a sentir? Che la sia pò cussì?

Anselmo. Sarei un bell’antiquario, se non conoscessi i caratteri degli antichi.

Brighella. Cara ela, la prego. La me leza almanco el titolo.

Anselmo. Ti ho pur detto tante volte, che non intendo il greco.

Brighella. Ma come conossela el carattere, se no la intende la lingua?

Anselmo. Oh bella! Come uno che conosce le pitture, e non sa dipingere.

Brighella. (Sa el cielo chi gh’ha magna sti diese zecchini. Za che el volandar in malora, l’è meggio che me profitta mi che un altro). (da sè)

Anselmo. Gran bel libro, gran bel codice! Pare scritto ora.

Brighella. La diga, sior padron, conossela el signor capitanio Saracca?

Anselmo. Lo conosco, lo conosco. Egli pretende avere una sontuosa galleria, ma non ha niente di buono.

Brighella. Eppur l’ha speso dei denari assai.

Anselmo. Avrà speso in vent’anni più di dieci mila scudi. Ma non ha niente di buono.

Brighella. La sappia che l’ha avudo una desgrazia. L’ha bisogno de quattrini, e el vol vender la galleria.

Anselmo. La vuol vendere? Oh! là vi sarebbe da fare de’ buoni acquisti.

Brighella. Se la vol, adesso xe el tempo.

Anselmo. Le cose migliori le prenderò io.

Brighella. El vuol vender tutto in una volta.

Anselmo. Ma vorrà delle migliaia di zecchini.

Brighella. Manco de quello che la se pensa. Con tre mille scudi se porta via tutta quella gran roba.

Anselmo. Con tre mila scudi? Questo è un negozio da impegnarvi la camicia per farlo. Se l’avessi saputo quattro giorni prima, non avrei consumato il denaro con quegl’impertinenti de’ creditori.