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28 | ATTO PRIMO |
Mi basta aver de’ danari in tasca; con i danari si mangia, e con i titoli tante e tante volte si digiuna. Ditemi un poco, avete voi parlato con mia moglie?
Trastullo. Illustrissimo sì.
Pancrazio. Innanzi pure con questo Illustrissimo: v’ho detto che non lo voglio.
Trastullo. Eppure la padrona se lo lascia dare, e non dice niente.
Pancrazio. Se la padrona è matta, non sono matto io.
Trastullo. Ma come devo dunque contenermi? Qual titolo le ho da dare?
Pancrazio. Giacchè il mondo in oggi si regola su’ titoli, quello di Signora è sufficientissimo.
Trastullo. Signora si dice anco alla moglie d’un calzolaio; alla moglie d’un mercante bisogna darle qualche cosa di più.
Pancrazio. Basta che la moglie d’un mercante abbia una buona tavola, e che possa comparir da sua pari. Orsù, cominciamo a metter le cose in pratica. Prendete, questo è un mezzo zecchino; andate a spendere, comprate un cappone con tre libbre di manzo, che farà buon brodo e servirà per voi altri. Prendete un pezzo di vitello da latte da fare arrosto e due libbre di frutti. In casa c’è del salame e del prosciutto. Pane e vino ce n’è per tutto l’anno. Le minestre le prendo all’ingrosso, onde regolatevi che non si passino i dieci paoli. Voglio che si mangi, non voglio che la famiglia patisca; ma non voglio che si butti via.
Trastullo. Ella dice benissimo: anco a me piace molto l’economia, e specialmente dove vi è della famiglia. Ma se comanda, per vossignoria torrò un piccion grosso o quattro animelle...
Pancrazio. Signor no, quel che mangio io, mangiano tutti. In tavola il padre non ha da mangiare meglio de’ figliuoli, perchè i figliuoli, vedendo il padre mangiar meglio di loro, gli hanno invidia, restano mortificati e procurano in altro tempo i mezzi di soddisfar la loro gola.
Trastullo. Vossignoria è molto esatto nelle buone regole del padre di famiglia.