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338 | ATTO SECONDO |
Giacinto. Oh! non1 la vogliamo finir bene.
Dottore. Dite, non lo sapete ch’io sono stata stamattina la prima a salutarla?
Giacinto. Sì, e nel salutarla l’avete strapazzata.
Doralice. L’ho strapazzata? Non è vero.
Giacinto. Le avete detto vecchia.
Doralice. Oh, oh, oh! Mi fate ridere. Perchè le ho detto vecchia, s’intende ch’io l’abbia strapazzata? Pretende forse di essere giovane?
Giacinto. Non è una giovanetta, ma non le si può dire ancor vecchia.
Doralice. È vostra madre.
Giacinto. Quando sarete voi di quell’età, avrete piacere che vi dicano vecchia?
Doralice. Quando sarò di quell’età, vi risponderò.
Giacinto. Fate con gli altri quello che vorreste che fosse fatto con voi.
Doralice. Se a mia suocera le dicessi che è giovane, mi parrebbe in verità di burlarla.
Giacinto. Che bisogno c’è che le diciate giovane o vecchia? Questo è il discorso più odioso che possa farsi a voialtre donne. Non vi è nessuna, per vecchia che sia, che se lo voglia sentir dire. Sino ai trent’anni ve li nascondete a tre o quattro per volta; dai trenta in su, si nascondono a diecine e dozzine. Voi adesso avete ventitrè anni; scommetto qualche cosa di bello, che da qui a dieci anni ne avrete ventiquattro.
Doralice. Via, bravo. Se volete che vostra madre sia più giovane di me, lo sarà.
Giacinto. Queste sono2 freddure. Vorrei, vi torno a dire, che consideraste che ella è mia madre, che le portaste un poco più di rispetto.
Doralice. Sì, le farò carezze, le ballerò anche una furlanetta3 alla veneziana.