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LA FAMIGLIA DELL'ANTIQUARIO 335

Cavaliere. No certamente, non tocca a voi.

Dottore. (E mio padre mi diceva che toccava a me). (da sè)

Cavaliere. (Sono imbrogliato più che mai). (da sè)

Doralice. La servitù mi ha da portar rispetto.

Cavaliere. Senz’altro.

Doralice. E a chi mi perde il rispetto, non devo perdonare.

Cavaliere. No certamente.

Doralice. (Oh guardate! Mio padre che mi vorrebbe umile!) (da sè)

Cavaliere. Ma pure qualche maniera bisogna ritrovare per accomodare questa differenza.

Doralice. Purchè io non resti pregiudicata, qualche cosa farò.

Cavaliere. Faremo così. Procurerò che vi troviate a caso in un medesimo luogo. Dirò io qualche cosa per l’una e per l’altra. Mi basta che voi vi contentiate di salutar prima la vostra suocera.

Doralice. Salutarla prima? perchè?

Cavaliere. Perchè è suocera.

Doralice. Oh! questo non fa il caso.

Cavaliere. Perchè è più vecchia di voi.

Doralice. Oh! perchè è più vecchia, lo farò.

Cavaliere. Eccola che viene.

Doralice. Mi si rimescola tutto il sangue, quando la vedo, (s’alzano)

SCENA XXII.

La contessa Isabella e detti.

Isabella. Signor Cavaliere, vi siete divertito bene? Me ne rallegro.

Cavaliere. (La tira in disparte) Signora Contessa, ho fatto tutto. La signora Doralice è pentita del suo trascorso. È pronta a domandarvi scusa; ma voi, savia e prudente, non l’avete a permettere. Vi avete a contentare della sua disposizione; e per prova di questa, basta ch’ella sia la prima a salutarvi.

Isabella. Salutarmi e non altro? (piano al Cavaliere)