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310 ATTO PRIMO

SCENA V.

Doralice e detto.

Doralice. Serva, signor suocero.

Anselmo. Schiavo, nuora, schiavo. Ditemi, v’intendete voi di anticaglie?

Doralice. Sì, signore, me n’intendo.

Anselmo. Brava! Me ne rallegro; e come ve n’intendete?

Dottore. Me n’intendo, perchè tutte le mie gioje, tutti i miei vestiti sono anticaglie.

Anselmo. Brava! spiritosa! Vostro padre prima di maritarvi doveva vestirvi alla moda.

Dottore. Lo avrebbe fatto, se voi non aveste preteso i ventimila scudi in denari contanti, e non aveste promesso di farmi il mio bisogno per comparire.

Anselmo. Orsù, lasciatemi un po’ stare; non ho tempo da perdere in simili frascherie.

Doralice. Vi pare una bella cosa, che io non abbia nemmeno un vestito da sposa?

Anselmo. Mi pare che siate decentemente vestita.

Dottore. Questo è l’abito ch’io aveva ancor da fanciulla.

Anselmo. E perchè siete maritata, non vi sta bene? Anzi sta benissimo, e quando occorrerà, si allargherà.

Doralice. Non è vostro decoro, ch’io vada vestita come una serva.

Anselmo. (Non darei questa medaglia per cento scudi). (da sè)

Doralice. Finalmente ho portato in casa ventimila scudi.

Anselmo. (A compir la collana mi mancano ancora sette medaglie). (da sè)

Doralice. Avete voluto fare il matrimonio in privato, ed io non ho detto niente1.

Anselmo. (Queste sette medaglie le troverò). (da sè)

Doralice. Non avete invitato nessuno de’ miei parenti; pazienza.

Anselmo. (Vi sono ancora duemila scudi, le troverò). (da sè)

  1. Bettin.: il matrimonio segreto, ed io non ho parlato.