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308 | ATTO PRIMO |
SCENA III.
La contessa ISABELLA e detto.
Isabella. (Ecco qui la solita pazzia delle medaglie!) (da sè)
Anselmo. Oh, Contessa mia, ho fatto il bell’acquisto! Ho ritrovato un Pescennio.
Isabella. Voi colla vostra gran mente fate sempre de’ buoni acquisti.
Anselmo. Direste forse che non è vero?
Isabella. Sì, è verissimo. Avete fatto anche l’acquisto di una nobilissima nuora.
Anselmo. Che! Sono stati cattivi ventimila scudi?
Isabella. Per il vilissimo prezzo di ventimila scudi avete sagrificato il tesoro della nobiltà.
Anselmo. Eh via, che l’oro non prende macchia. Siam nati nobili, siamo nobili, e una donna venuta in casa per accomodare i nostri interessi, non guasta il sangue delle nostre vene.
Isabella. Una mercantessa mia nuora? non lo soffrirò mai.
Anselmo. Orsù, non mi rompete il capo. Andate via, che ho da mettere in ordine le mie medaglie.
Isabella. E il mio gioiello quando me lo riscuotete?
Anselmo. Subito. Anche adesso, se volete.
Isabella. L’Ebreo lo ha portato ed è in sala che aspetta.
Anselmo. Quanto vi vuole?
Isabella. Cento zecchini coll’usura.
Anselmo. Eccovi cento zecchini. Ehi? sono di quelli della mercantessa.
Isabella. Non mi nominate colei.
Anselmo. Se temete che vi sporchino le mani nobili, lasciateli stare.
Isabella. Date qua, date qua. (li prende)
Anselmo. Volesse il cielo che avesssi un altro figliuolo.
Isabella. E che vorreste fare?
Anselmo. Un’altra intorbidata alla purezza del sangue con altri ventimila scudi.