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mondo, si trattano fra di loro come gli abitanti di un sol paese in varie case distribuiti.
Quindi è che mal pensa chi le altrui Nazioni disprezza, la propria sola estimando; ma egualmente s’inganna chi gli Esteri esalta e i proprj Nazionali disprezza. Si possono lodare gl’ingegni felici dell’Inghilterra, senza far torto a quelli di Francia; e possiamo noi medesimi agli uni e agli altri dar lode, senza avere in dispregio i nostri buoni Italiani. Misera Italia! I tuoi Nemici sono i tuoi medesimi Figliuoli, li quali per un certo spirito di novità amano tutto ciò che suol venire di lontano; e danno quel vanto alle opere degli stranieri, che forse nel loro Paese conseguir non potevano.
V. E. che parla ed intende le varie lingue d’Europa, e i buoni libri sa conoscere e giudicare, non ha mai creduto che gl’Italiani avessero a cedere ad altri il luogo nelle Arti e nelle Scienze; ma che al Paese nostro, ferace di sottilissimi ingegni, e coraggiosi, e franchi, altro non manchi che l’eccitamento, l’emulazione ed il premio.
Ecco ciò che fa risplendere l’Accademia di Londra e quella di Parigi. Per altro abbiamo1 ingegni tali sparsi qua e là per l’Italia, che se uniti fossero in una società sola, vedrebbonsi uscire memorie, operazioni, scoperte, che attirerebbonsi l’applauso e l’ammirazione del Mondo, e si tradurrebbono i nostri volumi, come ora si traducono quelli degli Esteri nel nostro idioma.
Dove manca per dir vero la nostra Italia, è nel Teatro Comico, poichè la Francia, l’Inghilterra e la Spagna lo superano di gran lunga. S’io avessi lo spirito di Moliere2, farei nel Paese nostro quello ch’egli ha fatto nel suo. Ma troppo debole io sono per reggere a tanto peso; e può bene Vostra Eccellenza incoraggirmi e tutta impiegare la sua eloquenza, per farmi sperare che dalle mie fatiche la cara mia Nazione qualche ristoro in questa parte ricever possa, poichè oltre il conoscer me stesso, che poco vaglio, convien riflettere che l’Italia non è il Paese che abbia una sola