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IL CAVALIERE E LA DAMA 237

Rodrigo. Dunque la causa è vinta?

Eleonora. Così egli mi disse; ma siccome il fiscale voleva appellarsene, è stato necessario il sacrificio di venti scudi per impedirne il progresso.

Rodrigo. Venti scudi, nello stato in cui vi ritrovate, è una somma considerabile.

Eleonora. Il cielo mi ha provveduto.

Rodrigo. Signora, me ne rallegro di cuore. Deh, benchè io non meriti da voi finezze, ardisco pregarvi farmene la confidenza.

Eleonora. Signore, ve lo dirò, giacchè purtroppo la mia serva so avervi confidate le mie soverchie indigenze. Il soccorso mi venne donde meno me l’aspettava.

Rodrigo. Forse dalle mani di vostro consorte?

Eleonora. No, anzi ch’egli1 ritrovasi in una luttuosa miseria.

Rodrigo. (Come andò la faccenda?) (da sè) Dunque da chi vi venne il soccorso?

Eleonora. Dalle mani di un servo.

Rodrigo. Dal vostro Pasquino?

Eleonora. Per l’appunto.

Rodrigo. Ed egli non l’ebbe dal vostro sposo?

Eleonora. (Che interrogazione caricata!) (da sè) No certamente; vi dico che don Roberto è in peggiore2 stato del mio.

Rodrigo. Ma da chi l’ebbe?... Ditemi in grazia; in che somma era il denaro?

Eleonora. Erano cinquanta scudi.

Rodrigo. E da chi ebbe il servo questi cinquanta scudi?

Eleonora. Mi disse che a lui li aveva consegnati mio marito per recarli a me.

Rodrigo. E voi non glielo avete creduto?

Eleonora. No, perchè aveva una lettera che diceva tutto il contrario.

Rodrigo. Ah! aveva anche una lettera dunque Pasquino!

Eleonora. (Come si va riscaldando in questo discorso). (da sè)

  1. Così tutte le antiche edd.; l’ed. Le Monnier, curata dal Masi, stampa anzi egli.
  2. Bett. e Sav.: peggio.