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236 | ATTO SECONDO |
Eleonora. Manco male; la sentenza è data. Per liberarsi dalla vessazione dell’appellazione, sono bene spesi li venti scudi.
Colombina. Voglia il cielo che sia così. (si sente picchiare) E viva; gran porta è questa! È meglio lasciarla aperta. (parte)
SCENA VII.
Donna Eleonora, poi Colombina, poi Don Rodrigo.
Eleonora. La maniera di battere sembra di don Rodrigo.
Colombina. Ah, ah, ci siamo noi! (viene)
Eleonora. Che vuoi tu dire?
Colombina. Oh come siete venuta rossa! Eccolo il signor don Rodrigo.
Rodrigo. Vostro umilissimo servitore.
Eleonora. Serva obbligatissima, don Rodrigo; da sedere. (a Colombina)
Colombina. La servo. (porta le sedie)
Rodrigo. Ho veramente anticipato il tempo che aveva prefisso d’incomodarvi.
Eleonora. Mi avete anticipate le grazie.
Rodrigo. L’ho fatto per rendervi più sollecitamente intesa aver io eseguiti i vostri comandi colla presentazione del memoriale.
Eleonora. Troppa bontà, don Rodrigonota.
Colombina. (Ecco una di quelle occhiate che dico io: sarà meglio che me ne vada). (da sè) Signora, se non mi comanda, vado in cucina. (parte)
Eleonora. Va pure. Ebbene, don Rodrigo, che ha detto il signor segretario?
Rodrigo. Mi assicurò della sua protezione per voi.
Eleonora. Spererei per altro che uopo non fosse d’incomodarlo, poichè il mio dottore mi ha portata la nuova della vittoria ottenuta. (I) 1
- ↑ Segue nelle edd. Bett. e Sav.: «(Che cavaliere adorabile!) Rodr. (Che venerabile dama!)».