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ho fatto moltissimi cambiamenti, forse più che in ogni altra. Mi parve, rileggendola, avervi riconosciuto alcune cose non necessarie che la guastavano per abbondanza, e parmi ora di averla ridotta a migliore semplicità. Fra le cose che vi ho levato, evvi il personaggio dell’Arlecchino, affatto inutile alla Commedia; lo aveva introdotto per compiacenza, per uno di que sagrifizi a’ quali sono talvolta gli autori costretti; ma ora scrivo più per la stampa che per il Teatro, e non vi è alcuno che m’imponga la legge.

Questa Commedia e quella del Vero Amico sono state tradotte e stampate a Parigi, che sono parecchi anni. Ha dato motivo a ciò il Vero Amico, per la ragione che io dirò nella prefazione seguente1).

  1. Nel t. VII dell’ed. Pasquali il Vero amico precede al Padre di f., per un errore del tipografo.