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228 | ATTO SECONDO |
salvare, si salvi: la piazza è nostra, ed il comandante prigioniero di guerra.
Flaminio. Bravo, Balestra, tu sei da campagna e da gabinetto, valoroso e politico nell’istesso tempo. Opera da tuo pari e non dubitare che sarai a parte della vittoria. (parte)
Balestra. Per lui il generale e per me il capitano. Questa è stata la più bella scena del mondo. Chi ci avesse uditi, ci avrebbe presi per due commedianti del secento. Ma lasciando l’allegoria e venendo al proposito, qui convien maneggiarsi e servire un padrone che in me confida. In questa sorta d’affari ci vuole audacia e coraggio. Andrò in casa a dirittura. Se trovo la serva, alzo un partito; se trovo la padrona, ne pianto un altro. I denari bastano, le parole non mancano, faccia tosta e niente paura. (parte)
SCENA III.
Camera di Donna Eleonora.
Donna Eleonora e Colombina.
Colombina. Ecco qui quel che mi hanno dato sopra lo spillone. Sei carlini1.
Eleonora. Sei carlini e non più?
Colombina. E ancora con gran fatica.
Eleonora. Mi costa due zecchini. Gran disgrazia per chi ha di bisogno! Dove l’hai impegnato?
Colombina. Da un uomo dabbene, che digiuna tre volte la settimana e fa pegni a posta per maritare delle fanciulle.
Eleonora. Prende nulla sopra l’imprestito?
Colombina. Sì signora, mi ha detto che da qui a otto giorni gli porti otto carlini, altrimenti venderà lo spillone.
Eleonora. Sarebbe meglio digiunasse meno, e non facesse usure.
Colombina. È stato picchiato2, vado a veder chi è. (parte)