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226 ATTO SECONDO


simulerò qualunque passione, e mi farò gloria di servire puramente una dama, che fa risplendere il decoro della sua nascita anche fra le persecuzioni della fortuna. (parte)

SCENA II.

Don Flaminio e Balestra.

Flaminio. Balestra, sono in un grande impegno.

Balestra. Se crede ch’io sia capace di servirla, mi comandi.

Flaminio. Ho scommesso un orologio d’oro, che a me riuscirà d’introdurmi in casa di una dama e che diverrò il suo servente1.

Balestra. È fanciulla, vedova o maritata?

Flaminio. Ha il marito esiliato.

Balestra. Come sta ella d’assegnamenti?

Flaminio. Credo sia miserabile.

Balestra. Spererei che l’orologio d’oro non si avesse a perdere.

Flaminio. Aggiungi che, oltre la scommessa, vi è tutto il mio impegno. Non si è mai detto, nè si dirà, che don Flaminio abbia attaccata una piazza che non siasi resa. Perderei del buon concetto, se non riuscissi in questa novella impresa. Ma dirotti ancora di più, la dama non mi dispiace, ed alli stimoli dell’impegno mi s’aggiungono quelli di una inclinazione, che quasi quasi principia ad essere amore.

Balestra. Tre forti ragioni per dichiarar la guerra al nemico. La piazza bisogna attaccarla da più parti (giacchè col titolo di bella piazza V. S. denomina la sua dama). Bisogna piantare il blocco della servitù in qualche distanza, finchè stringendolo a poco alla volta, diventi assedio. Conviene distribuire le batterie; qua una batteria di parole amorose, là una batteria di sospiri, costà un’altra di passatempi, e qua la più forte batteria de’ regali. Batti da una parte, batti dall’altra, o di qua o di là si fa breccia. Allora, o che la piazza si rende a patti,

  1. Bett. e Sav.: cicisbeo.