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204 | ATTO PRIMO |
Dottore. Può essere che io mi sia ingannato. Ora tornerò a fare il conto. Osservi, per sua maggiore intelligenza le farò vedere il conto chiaro con queste istesse monete. Ecco qui: quattro al cancelliere, otto al Tribunale, due al notaio, tre per il registro e tre per la copia; guardi se il conto può andar meglio. Mi favorisca, li ha ella preparati a posta? È stata informata? Capperi! lo sapeva meglio di me. Brava! la sa lunga. Con lei non si può scherzare. Se le dicevo di più, comparivo un bel barbagianni. Venti scudi! Eccoli, sono qui. Non occorre altro. Li prendo e li porto a Palazzo.
Eleonora. Oh Dio! e li volete portar via tutti?
Dottore. Non ha veduto il conto? Per me, ella vede, non mi resta neanche un quattrino.
Eleonora. Caro signor Dottore, badate se potete risparmiar qualche cosa. Vi svelo una verità deplorabile1. Per oggi non ho altro che poco pane, per saziar me e la mia povera serva.
Dottore. La non ci pensi, la si lasci servire. Oggi avrà la sentenza in favore. Domani avrà il suo assegnamento. Mangerà, tripudierà, lasci fare a me.
Eleonora. Ma veramente oggi si darà la sentenza?
Dottore. Oggi senz’altro. Non sono capace di dare ad intendere una cosa per un altra. Io non sono di quei procuratori che, per iscorticare i clienti, promettono la vittoria senza verun fondamento. Sono galantuomo, disinteressato. Per me non gli chiedo niente, lo faccio di buon cuore.
Eleonora. Il cielo ve ne rimuneri. Quando avrò il mio assegnamento, sarete largamente ricompensato.
Dottore. L’ultima cosa a cui penso, è questa. Signora, vado a Palazzo.
Eleonora. Andate pure. Oggi v’aspetto.
Dottore. Verrò senz’altro.
Eleonora. Colla sentenza?
Dottore. Colla sentenza.
Eleonora. Siete sicuro della vittoria?
- ↑ Bett. e Sav.: lacrimosa.