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202 ATTO PRIMO


uomo avanzato in età; grazie al cielo, venti scudi non mi fanno nè più povero, nè più ricco; la prego degnarsi di tenerli per sè, di servirsene ne’ suoi bisogni, me li darà quando le tornerà più comodo.

Eleonora. Ah, signor Anselmo, il cielo vi benedica pel bel cuore che voi avete, per la generosa esibizione che voi mi fate. È vero, mi trovo in angustie, ma non ardisco permettere che voi tralasciate di ricevere il denaro che vi è dovuto, col pericolo di non averlo mai più.

Anselmo. Se più non l’averò, pazienza. Intanto se ne prevalga; e le giuro1 che altro fine non mi muove a usarle quest’atto di buon amore, se non che la compassione delle sue disgrazie.

Eleonora. Vi rimuneri il cielo per una sì bella pietà.

Anselmo. Fo il mio debito e niente più. In questo mondo abbiamo da assisterci l’uno coll’altro. L’intenzione del cielo è che tutti abbiano del bene. Chi è più ricco, deve darne a chi è più povero, e bisogna considerare che anche i più ricchi possono2 diventar miserabili. Si consoli, si regoli con prudenza, e non dubiti che il cielo l’aiuterà. Buon giorno a V. S. Illustrissima. (si alza) (Mi fa compassione. Chi è avvezzo a viver male, presto si accomoda a viver bene; ma chi è avvezzo a star bene, oh quanto dura fatica ad accomodarsi a star male!) (fa riverenza e parte)

SCENA III.

Donna Eleonora, poi Colombina e poi il Dottore Buonatesta.

Eleonora. Che uomo3 da bene, che cuore liberale ed umano!

Colombina. Signora padrona, è venuto... (osserva i denari sul tavolino) Oh! che vuol dire? Il signor Anselmo non si è preso il denaro?

  1. Bett. e Sav. aggiungono: da mercante onorato.
  2. Bett. e Sav.: ponno.
  3. Bett. e Sav.: grand’uomo.