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198 | ATTO PRIMO |
Sino alla mezzanotte si lavora, e all’alba si salta in piedi e si torna a questo bellissimo divertimento della rocca. Signora padrona, anch’io son fatta di carne, e non dico altro.
Eleonora. (Povera sventurata! la compatisco). (da sè)
Colombina. Tenete la seta bleu. La ra, la ra, la ra, la ra, la lera. (canta con rabbia e siede filando)
Eleonora. Colombina, non so che dire. Tu hai ragione; e con ragione ti lagni della vita miserabile che meco sei costretta di fare. Tu sai come eri trattata da me, quando don Roberto, mio consorte, era in Napoli, e la nostra casa poteva sfoggiare come le altre. Ora don Roberto, per l’omicidio commesso di quel ministro da lui chiamato a duello, fu esiliato da questi stati; sono confiscati tutti li di lui beni, ed io, che altra dote non gli ho portata che quella di un’antichissima nobiltà, sono miserabile come vedi. I congiunti della mia casa sono tutti poveri, nè mi possono dar sollievo. I parenti di mio marito mi odiano tutti per la mia povertà; tutti mi abbandonano, tutti mi deridono. Cara Colombina, tu sei stata finora l’unico mio conforto fra tante angustie. Se tu mi abbandoni, oh Dio! mi darò in preda alla disperazione.
Colombina. Via, via, signora padrona, non mi fate piangere; finchè potrò, non vi abbandonerò. Del poco ognuno si può contentare, ma con niente nessuno può fare.
Eleonora. In casa nessuno ci vede; diamoci le mani d’attorno, lavoriamo, che un giorno il cielo ci assisterà. Spero che il fisco mi accorderà gli alimenti. Il mio procuratore mi ha assicurato che averà delle buone ragioni per sostenere la mia causa.
Colombina. E intanto vi va spolpando e mangia egli quello che dovremmo1 mangiar noi.
Eleonora. Vi vuol pazienza. Ognuno ha da vivere col suo mestiere.
Colombina. E noi con qual mestiere vivremo?
Eleonora. Eccolo qui. Tu con la rocca ed io col ricamo.
Colombina. Compatitemi se parlo con libertà. Siete una signora di poco spirito.
- ↑ Bett. e Sav.: averessimo a.