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Ottavio. Come sapete voi parlar sì bene di tal materia?

Rosaura. Frutto delle vostre lezioni.

Ottavio. Dunque siete in obbligo di ricompensar il maestro.

Rosaura. Sapete cosa vi darò per ricompensa?

Ottavio. E che mai?

Rosaura. Un stilo nel core, se non mi farete ritrovar Florindo.

Ottavio. Sareste capace di una simile crudeltà?

Rosaura. Ora non v’è delitto che mi spaventi.

Ottavio. Dov’è andata la vostra virtù?

Rosaura. La mia virtù è quel tesoro che ho sagrificato in mercede alle vostre indegne lezioni.

Ottavio. Son io che vi ha fatta fuggire di casa?

Rosaura. Sì, voi.

Ottavio. Come io? Se siete fuggita con Florindo, senza di me?

Rosaura. Chi ha condotto in casa mia la prima volta Florindo?

Ottavio. Io, ma non per voi.

Rosaura. La colpa non è vostra, ma voi ne foste l’autore.

Ottavio. Son qui a pagarne la pena.

Rosaura. Come?

Ottavio. Collo sposarvi.

Rosaura. Morir piuttosto che divenir vostra moglie.

Ottavio. Vi placherete.

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SCENA XVI.

Pantalone con uomini armati e lumi.

Pantalone. Fermete, desgrazià. (a Florindo) Con do donne? Chi ela st’altra? Siora Rosaura? Come? La modestina? La bacchettona? E ti, desgraziada, scampar via co mio fio? (a Colombina) Dov’è le zogie? (le trova a Florindo) Sassin, ladro, scelleratissimo fio, anca i tresento scudi ti m’averà robà. E vu, sior Ottavio, cossa feu qua?

Ottavio. Andavo in traccia di quel povero sciagurato, lo cercavo per ricondurvelo a casa.