Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, III.djvu/152

144


circolo, in una conversazione, o tacciono come marmotte, o dicono delle scioccherie e commettono delle male creanze.

Pantalone. In questo gh’ave rason, ma i se avezza ubbidienti, umili e respettosi.

Ottavio. Eh signor Pantalone, l’ubbidienza alla sferza non è quella che si richiede dalle persone civili. Sono obbedienti per timor delle busse, non per punto di riputazione. I maestri trattano con alterezza, con disprezzo i scolari, ed essi son timidi e non son rispettosi. Bisognerebbe che i loro direttori li trattassero con civiltà, li correggessero col punto d’onore, ed allora riescirebbero civili e di buon tratto. Ma sentirsi dire: ehi! venite qui, a chi dico? impertinente! somaro! questa è una educazione da villani.

Pantalone. Questa xe la educazion, che vu, sior Ottavio, ave dà ai mi fioi; li avè sempre trattai cussì.

Ottavio. Perdonatemi. Non sempre. Anzi li tratto con civiltà.

Pantalone. Eh compare, per chiaccola semo dottori, ma in pratica no la xe cussì. Ottavio. Io certamente....

Pantalone. Orsù, se averò da mandar Florindo in collegio, saverò sceglier el megio. So che ghe ne xe de più sorte, e no me lasserò ingannar. Troverò quello dove se arleva i fioi con civiltà, dove i se tratta con pulizia, dove se insegna, oltre le altre scienze, anca quella del bon costume; acciò, co disè vu, co i vien a casa, no i para vegnui dalle montagne o dai boschi. So anca mi che un zovene avezzo a no esser respettà, stenta a respettar, e sbalzando da un estremo rigor a una intiera libertà, la fantasia se scalda improvvisamente e no se sa regolar.

Ottavio. Signor Pantalone, io finora ho tenuta la via di mezzo.

Pantalone. Anca per la strada de mezzo, co no ghe xe giudizio, se va a precipitar.

Ottavio. Dunque....

Pantalone. Xe qua Lelio. Parleremo con comodo.