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Pantalone. Zitto, sior poco de bon. (a Lelio) Coss’è sta confidenza? Coss’è sti desmesteghezzi? (a Florindo)
Florindo. Signore, sono scottato....
Beatrice. Povera creatura; è caduto in terra; per accidente ha dato la mano sul ferro che aveva messo giù Colombina, e vedetelo lì, si è abbruciato, si è rovinato.
Pantalone. E ghe xe bisogno che Colombina lo medica. Perchè no lo feu vu, siora?
Beatrice. Oh, io non ho core. Se mi ci accosto, mi sento svenire.
Pantalone. Animo, animo, basta cussì. (a Colombina)
Colombina. Io non voleva; ella è stata....
Beatrice. Signor sì; io ho voluto che lo medichi. Aveva da spasimar dal dolore? (Se parli, meschina te!) (piano a Colombina)
Colombina. (Se sto troppo in questa casa, imparerò qualche cosa di bello). Comanda altro?
Beatrice. Va via di qua, non voglio altro.
Colombina. (Manco male). (va per andar via)
Florindo. (Cara Colombina, un poco più di carità). (piano a Colombina)
Colombina. (Se questa volta vi ho scottate le dita, un’altra volta vi scotto il naso). (piano a Florindo e parte)
Pantalone. Eh putti, putti, se no gh’averè giudizio!...
Lelio. Ma cosa faccio? Gran fatalità è la mia!
Pantalone. Manco chiaccole. A so pare no se responde.
Beatrice. Se ve lo dico; è insopportabile.
Florindo. Di me, signor padre, spero non vi potrete dolere.
Pantalone. Qua no gh’avè da vegnir. Queste no xe le vostre camere.
Beatrice. Via, via, non gli gridate. Poverino! Guardatelo com’è venuto smorto. Subito che gli si dice una parola torta, va in accidente.
Pantalone. Oh che caro fantolin! vustu el buzzolà, vita mia?
Beatrice. Già lo so, che non gli volete bene; non lo potete vedere. Quello è le vostre viscere; quello è il vostro caro, il figlio della prima sposa. Il primo frutto de’ suoi teneri amori.