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campo avranno di spaziare per esse, quando la vostra modestia si accomodi a prestar loro l’orecchio; io, contentandomi di ammirar col silenzio e le grandezze della vostra Famiglia, e tante vostre personali pregevolissime virtù, non posso a meno di non far parola di quella singolar umanità, che vi rende così liberale verso i poveri, così affabile1 verso gli inferiori, così adorabile a tutti; effetti questi non solo d’indole naturalmente benigna, ma di quella Cristianità di massime e di costumi, che vi rende affatto in tutte le vostre azioni ammirabile. Crederò che del molto che potrei dirne, il poco che ho detto possa bastare ad eccitar in altri l’emulazione di così rare prerogative; ma non lo sia per dimostrare al mondo ch’io vaglia a conoscerne tutto il pregio, sebben ne sperimenti tutto l’effetto. Ora che altro potrei mai fare io miserabil che sono, per dare una pubblica testimonianza dell’umilissima mia riconoscenza per le tante grazie da V. E. ricevute, e per il solenne benefizio dell’autorevole vostra protezione impartita a me e alle cose mie, sennon offerirvi una delle Commedie, che mi si è voluto far dare2 alle stampe?
Una Commedia a un Cavaliere sì grande è dono, a dir vero, troppo sproporzionato. Io lo conosco; ma se l’accompagnarla coll’offerta di un umilissimo cuore può di qualche grado accrescerne il prezzo, eccolo riverentemente a V. E. consagrato, insieme con questa mia Commedia dei Due Gemelli, che mi prendo l’ardire di dedicarvi. Degnatevi di benignamente aggradirlo, mentr’egli perfettamente conosce che niuna cosa lo può render felice, più che la benignissima protezione di V. E. a cui profondamente m’inchino.
Di V. E.
Mantova, li Giugno 17503.
Umiliss. Devotiss. ed Obbligatiss. Serv. |