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62 ATTO TERZO

Tonino. Giusto, come che la dise ela.

Fabrizio. Ma non vedete che questo Ottavio è un birbone, il quale menando la vita che voi mi dite, con giuoco, donne e divertimenti, fa che le vostre sostanze mantengano i di lui vizi?

Tonino. Saveu che disè ben?

Fabrizio. Qual educazione potete voi sperare da un uomo di tal carattere? Che figura vi farà egli far per il mondo? Vi mangia il vostro, vi tien soggetto, si serve di voi per zimbello, e poi vi pone in ridicolo dove andate.

Tonino. Saveu che disè ben?

Fabrizio. S’io fossi in voi, vorrei liberarmi dalle mani di costui. Siete negli anni della discrezione. Potete dir voglio, potete dispor del vostro con miglior maniera, e vivere da uomo civile come siete nato, a misura delle vostre fortune.

Tonino. Da galantomo, che disè ben.

Fabrizio. Dovreste liberarvi dalle mani di vostro zio, ch’è il maggior nemico che abbiate, e riconoscere il vostro, e mettervi sotto la direzione di una persona onesta e da bene.

Tonino. Ve digo che disè ben.

Fabrizio. E rimessa in buona maniera la vostra casa, pensare a prender moglie.

Tonino. Oh! vedeu, qua semo al ponto. Me vôi maridar.

Fabrizio. Fintanto che non avete accomodate le cose vostre, non vi consiglio di farlo.

Tonino. Cossa hoggio da comodar? Mi no me par d’aver gnente de rotto.

Fabrizio. Dovete accomodare i vostri interessi. Farvi padrone del vostro. Liberarvi da costui, che vi tiene legato.

Tonino. Se resto senza sior Ottavio, cossa faroggio? Mi no so gnente; lu me fa tutto. El m’ha promesso de maridarme; se lu no me manda, chi me mariderà?

Fabrizio. Vedo la vostra semplicità. Ho compassione di voi; liberatevi dal signor Ottavio, ed io prenderò cura dei vostri interessi e della vostra riputazione.

Tonino. E de maridarme.