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58 ATTO SECONDO

SCENA XIII.

Florindo e detti.

Florindo. Signora, vi domanda il signor Fabrizio, e vi aspetta nella sua camera.

Rosaura. Andiamo dunque a vedere quel che comanda il signor zio.

Tonino. Andemo?1 vegnirò anca mi.

Florindo. Lasciatevi servire. (vuol dar la mano a Rosaura)

Tonino. Cavève, sior; tocca a mi, che son forestier, a servirla. Ho studia anca mi el Galateo. Vardè come che se fa a servir la macchina2. (dà braccio a Rosaura, con caricatura)

Florindo. Questa è un’impertinenza.

Rosaura. Chetatevi, che avete il torto. (a Florindo)

Tonino. Me voressi insegnar a mi? Son zentilomo da Torcello, e so trattar co le donne civili, e so le regole della zentilomenaria3.

Florindo. Che pretendete voi sopra di questa giovane?

Tonino. I fatti mii no ve li digo a vu, sior martuffo.

Florindo. Così si parla con un par mio?

Rosaura. Signori, dovreste usare un poco più di prudenza.

Tonino. Brava, la parla con vu. (a Florindo)

Florindo. Mi maraviglio che la signora Rosaura vi soffra. So perchè lo fa, e perchè tace. Ma s’ella tace, non tacerò io: signor Veneziano, fuori di questa casa mi renderete conto dell’ingiuria che mi avete detto, colla spada alla mano.

Tonino. Co la spada? mi, compare, la spada la porto per usanza e no la so manizar. Se volè che femo una mostra de pugni, ve servirò.

Florindo. Sentite che bello spirito!

Rosaura. Orsù, signor Florindo, contentatevi di andare altrove. In casa mia voi non ci comandate.

Florindo. Ho inteso. Con quel signore ci parleremo con comodo. Intanto andrò a fare le mie doglianze con vostro zio. (parte)

  1. Zatta ha virgola.
  2. La cicisbea, come spiega altrove Goldoni stesso.
  3. Savioli: zentilomeneria; Zatta: zentilomeria.