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608 ATTO TERZO

Tita. Sì ben, ai sie.

Menego. Al loco a chi ha da scomenzar. Toco mi, butemo. (buttano tre per uno, e Menego conta)

Menego. Pare, toca a nu.

Nane. Anemo, e no me fè scaleta.

Menego. Mi vegno real, compare. (giocano tre o quattro colpi)

Menego. E uno. A vu, compare Tita.

Tita. A mi. Ve chiapo a la prima. (giocano come sopra)

Tita. A vu, sier Nane.

Nane. Co mi? Sè in cotegoa. (giocano)

SCENA X.

Lelio e Pasqualino, Arlecchino con tabarro e spada, e detti.

Lelio. Buon pro, signori.

Arlecchino. Pro fazza, patroni.

Menego. Velo qua sto cagadonao. (verso Lelio)

Lelio. Si può? Si può? (cerca di bere)

Arlecchino. Comandale favorir? (fa lo stesso)

Nane. Sè paroni.

Menego. Schiavo, siori. (vuol partire)

Nane. Dove andeu? (a Menego)

Menego. Co gh’è colù, mi me la bato. (accenna Lelio)

Lelio. Che signor padre garbato! Voi partite per causa mia, ed io appunto veniva in traccia di voi.

Menego. Mi no son vostro pare. Andelo a cercar vostro pare.

Arlecchino. Al dì d’ancuo l’è un poco dificile a trovar so padre1.

Lelio. Donna Pasqua mia madre mi ha dichiarato per vostro figlio, e voi, per sottrarvi dall’obbligo di mantenermi, non mi volete riconoscere.

Menego. Dona Pasqua, bona memoria, xe stada una dona mata.

  1. Siete alla trappola.
  1. Sav. e Zatta: pader.