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546 | ATTO PRIMO |
Pasqualino. La lustrissima siora Marchesa se degna de ziogar con mi.
Ottavio. A che gioco giocate?
Pasqualino. A bazzega, per servirla.
Ottavio. Oibò. Questo è un gioco da ragazzi. Venite qua, giochiamo a un gioco più bello.
Pasqualino. Anca ela vol ziogar?
Ottavio. Anch’io giocherò con voi.
Pasqualino. La se degna de ziogar con mi?
Ottavio. Sì, siete un mercante; siete un galantuomo; potete stare a tavolino con me. Non siete più il figlio di Catinello.
Pasqualino. Grazie a la bontà de Vussustrissima. A che ziogo vorla ziogar?
Ottavio. A un gioco facile, facile. Alla bassetta.
Pasqualino. Ghe no so poco, e sempre perdo.
Ottavio. Ora vincerete. Ecco sei zecchini di banco.
Pasqualino. O co beli! I par tuti dei mii.
Ottavio. Li ho riscossi ora da un affittuale.
Beatrice. Via, tagliate, che metterò anch’io. (al Marchese)
Pasqualino. La m’insegnerà ela a meter.
Beatrice. Sì, fate come faccio io. Due a un zecchino.
Pasqualino. Un zechin xe tropo. (il Marchese va mescolando le carie)
Beatrice. Eh, che lo vogliamo sbancare questo signor tagliatore; e poi voglio che facciamo una bella merenda.
Pasqualino. Son qua. Do a un zechin. (il Marchese fa il taglio, sfoglia, e il due vien primo)
Ottavio. Due ha perso.
Beatrice. Va due a due zecchini.
Pasqualino. Va anca mi. (il Marchese seguita a sfogliare)
Ottavio. Ecco il due; avete perso.
Beatrice. Va il terzo due a quattro zecchini.
Pasqualino. Va, caspita, a quattro zechini.
Ottavio. Va, non mi fate paura. Eccolo. Avete perso. (come sopra)
Beatrice. Se siete giocatore, va il quarto.
Ottavio. Oh, il quarto non voglio.