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LA PUTTA ONORATA | 509 |
Ottavio. Sì, parlate pure.
Catte. Se fa le nozze senza un puoco d’alegria? No ghe xe quatro confeti con un puoco de cicolata1? Almanco un goto de vin da bever.
Pantalone. Questa xe la solita lezion.
Pasqualino. M’arecordo del mio ducato.
Ottavio. Via, Brighella, fate portare quattro dolci del mio deser, un fiasco di vino buono. Messer Menico, andate anche voi.
Brighella. (Parte.)
Menego. Mi? a cossa far, lustrissimo?
Ottavio. A portar qualche cosa.
Menego. Mi a portar? La me perdona. I servitori de barca de la mia sorte no i porta. Fazza chi toca. Mi tendo a la mia barca. Ognun dal canto suo cura si prenda.
Pantalone. Xe la veritae, sala. I barcarioi che sta sul ponto d’onor, no i vol far altro che tender a la so barca.
Ottavio. Bene, io mi rimetto.
Brighella. (viene con altri servi con dolci e vino.)
Ottavio. Date da bevere agli sposi, alla signora Catte, a tutti.
Catte. E viva i novizzi. (beve)
Lelio. E viva gli sposi. (beve)
Bettina. (Prende un bicchier di vino in mano, e rivolta all’udienza, recita il seguente
SONETTO.
Co sto vin dolce un prindese vôi far.
Come el debito corre a chi me sente,
E un soneto dirò, che no val gnente,
Ma che per sta ocasion me pol bastar.
Vogio co le mie rime ringraziar
Chi xe verso de mi grato e indulgente,
E savendo che son insuficiente,
Tuti i difeti mii sa perdonar.
- ↑ Sav. e Zatta: cioccolata.