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LA PUTTA ONORATA 483

Bettina. Che el vaga elo a torla.

Ottavio. Volentieri; vado subito. (Guardate come si è facilmente piegata. Eh, così è: colle donne bisogna usar violenza). (da sè, in disparte1)

Bettina. El xe andà via. (a Beatrice)

Beatrice. Venite, venite meco. Passate in quest’altra camera, ed aspettatemi.

Bettina. Ma no voria che nascesse...

Beatrice. Non dubitate, lasciate la cura a me.

Bettina. Se no moro sta volta, no moro mai più. (entra nell'altra camera)

SCENA VI.

La marchesa Beatrice, poi il marchese Ottavio col lume.

Beatrice. Oh, che caro signor consorte! Se l’aveva rinserrata in casa l’amica; ma eccolo che viene col lume.

Ottavio. Oh, eccomi qui... (crede trovar Bettina, e vede Beatrice)

Beatrice. Che mi comanda, signor consorte?

Ottavio. Niente. (guardando qua e là per la camera)

Beatrice. Che cerca vossignoria?

Ottavio. Niente. (come sopra)

Beatrice. (Mi pare alquanto confuso). (da sè)

Ottavio. (Come diavolo è qui venuta costei!) (da sè, osservando come sopra)

Beatrice. Ha perduto qualche cosa?

Ottavio. (Io ho pur parlato con Bettina), (da sè) Sì, signora, ho perduto.

Beatrice. E che mai?

Ottavio. Ho perduto una gioja.

Beatrice. La gioja che avete perduta, l’ho ritrovata io, ed è in mio potere. E voi, signor Marchese, pensate meglio, che non si por-

  1. Così tutte le edd.; forse è da correggere: indi parte.